Le belle serate estive invogliano a riunirsi fino a tarda sera. Così, di tanto in tanto, dopo che i bimbi stanchi dei loro giochi si addormentano avvolti negli scialli delle madri, gli uomini si riposano dalle fatiche del giorno conversando e fumando, le donne ciarlano, le giovani, agghindate, scambiano occhiate maliziose con fidanzati e giovanotti. E nascono nuovi amori, nella sera fresca e profumata di gelsomino.
«Donna Angela, mâ faciti a Nuvena?[1]» chiedeva Rinuccia insistentemente, da un bel poco, alla moglie di Nino, la sera della Vigilia di San Giovanni.
«‘Sti cosi non si fannu pi’ babbiari» rispondeva Angela, seria. «Ci voli fedi, s’havi a prigari. A tia ti pari chi è giocu![2]»
«A voi chi l’ha insegnata?» chiese Tina alla suocera, curiosa.
«A bonanima i Donna Maria. Mâ fici ‘nzignari a menzanotti precisa, a notti i San Giuvanni. Ma idda a sapia fari megghiu i mia: era na picca strana, vonnu diri chi vidia u futuru…[3]»
Mi ricordai di quella sua profezia che, poi, avevo collegato alle mie gravidanze e raccontai l’episodio alle donne presenti che ne rimasero colpite.
«A mia, quann’era figghiola, mi dissi chi mi maritava cu’ Ninu e chi facia un masculu e na fimmina. Poi, tri anni arreti, prima i moriri, mi dissi chi me figghiu tunnava a casa… e allu cà![4]»
Prendemmo gusto a discorrere di strani episodi che ci erano accaduti, impressionandoci a vicenda, fin quando arrivò l’attesa mezzanotte.
Dopo averci raccomandato l’assoluto silenzio e l’attento ascolto dei “segni” che il Santo si sarebbe, forse, compiaciuto di inviarci, Angela cominciò a recitare la Novena.
La prima “intenzione” era per Rinuccia che venne accontentata quasi subito dall’abbaiare di un cane in lontananza e da una voce che si levò dal gruppetto degli uomini:«Sì, sì!»
«Ti fai zita entru l’annu![5]» le assicurò Angela e poi ci annunciò la nuova “intenzione”per Tina e Pietruccio.
Dopo alcuni minuti di silenzio, rotto solo dalla voce cantilenante e quasi ammaliante di Angela, una bimbetta si mise a piangere, seguita subito da una risata squillante. La nostra sacerdotessa si illuminò: «Bona nova! Non è chi c’è na fimminedda ‘n arrivu?[6]» E rivolse un sorriso speranzoso alla nuora che, istintivamente, si toccò il ventre.
A quel punto, stavamo per sciogliere la piacevole compagnia, ché l’ora era tarda e Angela stanca, quando Carolina insistette per aggiungere lei un’ultima “intenzione”.
«Ma è l’uttima, piddaveru![7]» Angela si rifece il segno della croce e ricominciò a cantilenare: «San Giuvanni Decullatu, u vostru corpu è matturiatu e pi’ la vostra decullazioni datimi aiutu e cunsulazioni. Sia di beni e sia di mali, facitimi vidiri cocchi signali…[8]»
Era molto tardi ed eravamo rimasti in pochi nello spiazzale. Anche gli uomini, distanti, non erano più inclini a conversare. Nell’aria calma e tersa, pulsavano un gran numero di stelle. Angela stava ormai avviandosi a concludere la terza e ultima
ripetizione della novena, quando si alzò un vento improvviso e una folata fece sbattere qualche finestra e spense una delle torce davanti alla casa. La donna soprassaltò e alzò la mano a farsi precipitosamente il segno della croce per chiudere la Novena, ma un ultimo segnale si infilò quasi a forza fra gli altri auspici: sentimmo un battito d’ali come d’un gigantesco uccello notturno che si levasse in volo. Poi, l’assoluto silenzio.
Mi sentii gelare il cuore.
«E allora?» domandò Carolina, quasi allarmata.«Angela, che significa?»
«Nenti, nenti[9]» si scansava il nostro oracolo.
«Non erano segni buoni, vero?»insistè Carolina.
«Non tantu» confermò Angela messa alle strette. «Ma vui pi’ cu’ a vulistu fatta?[10]»
«Per nessuno in particolare» spiegò mia figlia. «Per vedere il futuro…» quasi si giustificò.
«Vû dissi: cu’ sti cosi non si babbia. Nenti, San Giuvanni u sapi chi non ci criditi e non vi dissi nenti. Bonanotti, bonanotti[11]» ci salutò frettolosamente e andò via a braccetto con sua nuora.
«Sento freddo» rabbrividì Carolina, suggestionata dal cattivo presagio.
«Certo, è tardi. Rientriamo, amamma» la rassicurai, aggiustandole meglio lo scialle sulle spalle. Ma anch’io non riuscivo a scacciare l’oscura angoscia che mi aveva assalita.
Mai più. Mai più.